La morte della chitarra battente

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La chitarra battente ha delle caratteristiche organologiche precise: la spezzatura della tavola armonica, la tastiera allineata alla stessa tavola armonica, un ponte mobile, delle corde metalliche di una grammatura fine (ad es. 0,22) che non hanno la potenza di scarico sulla tavola armonica e, conseguentemente, di volume di una chitarra acustica. Ronzano, sferragliano, sono “imprecise”. Ha poi altre caratteristiche storicamente importanti ma non completamente indispensabili ai fini timbrici: i piroli di legno, la bombatura nei modelli nord calabresi, campani, etc., il fondo piatto nei modelli sud calabresi, i fianchi e il fondo a doghe come altri strumenti postmedioevali e barocchi. La chitarra battente è sorella della chitarra barocca ed è entrata nell’uso di contadini e pastori del Sud Italia da almeno due o tre secoli decadendo poi dall’uso colto per l’arrivo della chitarra moderna, a sei corde… quella che si chiamava ( e ancora oggi in Calabria di chiama la chitarra “francese”).
Questo preciso strumento ha avuto in Calabria importanti centri di costruzione. Fondamentale Bisignano (CS) con la galassia di liutai De Bonis ma la regione ha anche avuto miriadi di piccoli costruttori e di falegnami prestati alla liuteria. Misconosciuta e dimenticata l’arte di Ricciotto Scutellà di Delianuova (RC), l’incredibile costruttore sordo di eccellenti chitarre battenti sopratutto a fondo piatto o semi piatto scomparso oramai da molti anni senza eredi né della memoria e né dell’arte.
Non starò qui a ricordare tutte le importanti ricerche che hanno messo in luce la presenza in Calabria di una presenza capillare, complessa, radicata nel mondo contadino e pastorale di questo strumento (Ricci, Tucci, Santagati, La Vena, Megna…). Una storia che riguarda anche la mia famiglia, non dovrei stare neppure a dirvi che mio nonno, Mastro Totò Tomaselli, classe 1899, era uno stimato suonatore di battente.
Io pure, nel mio piccolo, la suono. Ne ho diverse, tutte De Bonis.
Nel frattempo i tempi vanno avanti e in Calabria i centri di costruzione storica sono scomparsi tutti e più nessuno fa i modelli storici. Il chitarraio è stato sostituito dal liutaio ma sappiamo di fatto che quei suoni non ci sono più.
Le esigenze contemporanee di strumenti più sonori, aggressivi, etc ha portato alcuni liutai a tentare vie ritenute innovative “inventando” di fatto la chitarra acustica: catene più “moderne”, niente spezzatura, il manico si solleva come nella acustica, la grammatura delle corde cresce per un maggior peso e impatto sonoro. L’innovazione cede subito il posto alla sostituzione. La battente è “vecchia” e viene sostituita da una variante della chitarra acustica.
Soppiantare e sostituire non è innovare.
Musicalmente, per chi come me ha gli anni per ricordarselo, ciò avveniva nel Sud degli anni ’70 e ’80. “Innovare” era cantare blues col testo in napoletano o in palermitano. Si stava invece soppiantando un mondo musicale con un altro. Questo è un bene? Un male? Qui il discorso si fa troppo antropologico e lo rimandiamo a un’altra sede.
In sostanza, però, accade oggi in Calabria ciò che era successo negli Stati Uniti un secolo fa. All’epoca le tecniche di registrazione erano rudimentali e per dare brillantezza alle registrazioni di chitarra acustica si pensò di “doppiarle” con una chitarra con corde sottili e senza avvolgimento. Si ottenne la Nashville la cui breve fortuna declinò cambiando poi le esigenze tecniche della registrazione. Questa nuova chitarra “acustica” non “batte” e non può “battere”. Le corde ora sono troppo alte sulla tavola armonica e la caratteristica fondamentale della battente nella quale si suona insieme alle corde anche la tavola armonica viene a cadere. Il suono non batte più. Il suono flamenca, stramma, arpeggia ma non batte più. Battente “no more”…
Esistono parallelismi anche nel resto del Mediterraneo con altri strumenti musicali. Ve la faccio breve. Ai primi del ‘900 la storica lira cretese, sostanzialmente identica alla famiglia della lira bizantina (Calabria, Croazia, Grecia, Turchia, etc.), viene soppiantata da una nuova lira, un ibrido con il violino che sostituisce la lira “palià”. Oggi dopo un secolo diversi costruttori e musicisti sentono il bisogno di ritornare a quei timbri antichi e primordiali. Succederà così anche il Calabria anche per la Chitarra Battente? Noi non ci saremo, dice la canzone.
Oggi resta la morte di una cultura musicale, di un linguaggio sonoro, di una cifra espressiva. Morte di un modo di muovere le mani e le dita e, conseguentemente, di suonare e fraseggiare.
Onore al merito per quei pochi che ancora tentano un uso compositivo per la battente storica come Cataldo Perri, qualcuno nel Gargano, qualcuno in Campania…
O, sempre nel mio piccolo, pure io.
Per il resto la battente è morta.
Amen.