Siete liberi di farvi del male e di non leggerlo – “Tredici gol dalla bandierina” visto da Pino Aprile

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Nel libro si scandisce il tempo con le prodezze (poesia vera quella) di Massimo-Massimeddu Palanca, capocannoniere del Catanzaro che resterà nella storia del calcio per l’incredibile impresa di 13 gol su tiri dalla bandierina di calcio d’angolo. Roba che riesce solo se sai come usare il vento a tuo favore e il tuo piede calibrare forza, effetto, mira. Nessuno al mondo come lui.
Ed è il tempo della grande musica degli anni Sessanta-Settanta, dell’amore libero e poi del terrorismo i cui echi si spengono in bravatelle pericolose, a Catanzharu, dove non succede niente anche quando succede qualcosa.
Persino quando il gesto è compiuto, è inconsapevole. Il protagonista  consuma il suo esordio sessuale con un’altra cui mancava lui, per completare il carnet. Ma lui non se ne accorge, era troppo ubriaco, e devono dirglielo gli altri che finalmente, pur se a sua insaputa, ha scopato.
Il linguaggio è quello che pareva giovanile con il recupero dei dialettismi, localismi, adeguamenti fonetici alla presunzione e talvolta ignoranza ostentata e non vera per il gusto di infrangere i canoni.
I poeti non arrivano a Itaca, si fermano a guardarla da Cefalonia, da cui la separa un tratto di mare che uno di buon fiato può attraversare a nuoto: non chiedere a Itaca di darti la meta, ti ha dato il viaggio, altro non aveva da darti, ci spiegò Costantino Kavafis, poeta greco alessandrino.
Il sugo del romanzo è che mentre il creativo immagina il mondo che dev’essere, il buzzuro si gode quello che c’è, in cui si areneranno i domani del sognatore, che il bisogno muta in venditore porta a porta di corredi nuziali. 
Ciò detto, siete liberi di farvi del male e di non leggerlo. Fatti vostri.