02
Mar
2022

Il 4 marzo esce il mio nuovo album Eremìa

Ἐρημία/ Eremìa… Alfamusic AFMCD251

Disponibile da subito il Cd e in digitale su tutti i supporti e gli store on line! Da giugno su Lp…

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Il 4 marzo 2022 uscirà per Alfamusic il mio prossimo album, Eremìa che in greco classico vuol dire Solitudine. È un certo tipo di solitudine, quella della meditazione, dello sguardo interiore. Si tratta di undici canzoni mie, tre testi in greco, otto in vari dialetti calabresi. Il suono è sopratutto acustico ed è il suono mio. Sono compagni d’avventura moltissimi musicisti da ogni angolo di questo incasinato pianeta: Italia, Usa, India, Marocco, Iran.

Nonostante le tante produzioni discografiche a cui ho partecipato, quelle che ho progettato e diretto, questa è la prima volta che esco col mio nome e cognome e con materiale interamente mio.

Ἐρημία/Eremìa è stata la scoperta che mi piace raccontare storie. Undici canzoni che nascono in un momento di acuta solitudine nella quale la musica è diventata rifugio, riflessione, memoria. Ἐρημία/Eremìa racconta in greco, in arabo e, sopratutto, in dialetto, la mia lingua madre. Ma anche Ἐρημία/Eremìa suona. Suona in molte più lingue ancora con la meraviglia acustica di tanti musicisti fratelli.

Eremia nasce come progetto inizialmente solitario. Intendevo costruire un percorso di canzoni su una chitarra di impostazione popolare e sui suoi cicli ritmico melodici. La lingua narrativa si fonda su vari dialetti calabresi e sul greco. Progressivamente, dall’idea less is more, mi sono mosso alla ricerca di altri musicisti con i quali costruire un dialogo su timbri, colori, armonie. Ne è nata una grande quantità di collaborazione con musicisti dai quattro angoli del pianeta che hanno conferito una ricchezza timbrica e di incontro culturale che è raro ritrovare in un solo album.

Ringrazio tutti quelli che mi hanno aiutato nel progetto Eremìa.

Ettore Castagna: voce, chitarra acustica.

Inoltre: chitarra elettrica, chitarra battente, lira e lira  basso, tamburello, harmonium, doppio flauto, flauto armonico, grancassa, malarruni, piatti

Abdallah Ajerrar: gwembri

Rashmi V. Bhatt: tabla e percussioni

Nico Canzoniero: chitarra elettrica

Nando Citarella: tammorra muta

Charles Ferris: tromba, trombone

Vajiheh Hadjihosseini: setār

Vahid Hadjihosseini: daf

Lavinia Mancusi: voce

Chiara Mastroianni e Giuseppe Muraca: metitura

Mimmo Mellace: batteria, piatti

Paolo Modugno: bendir, dayereh, daf, dumbek

Mimmo Morello: zampogna a paru

Yiannis Panaiotopoulos: lira palià, oud), politiki lira

Dario Rosciglione: contrabbasso

Fabrizio Salvatore: tastiere

Carmine Torchia: tastiere, voce, chitarra classica, basso elettrico, chitarra elettrica, mandolino

Enzo Tropepe: chitarra elettrica, basso fretless

Salvatore Zambataro: fisarmoniche

Arrangiamento delle fisarmoniche e tastiere: Alessandro Santacaterina

Registrato nel 2021 presso Alfamusic Studio, Roma

Tecnico del suono: Alessandro Guardia

Missato da Ettore Castagna e Alessandro Guardia

Grafica: Luca Andreoni

Foto di copertina: Luca Andreoni

I ritratti di Ettore Castagna sono di Giuseppe Pontari

BOOKING: ITALYSONA 3500901327.  info@italysona.com

07
Jan
2022

Grazie al Premio Letterario Caccuri

È vero che Compare Zimmermann ha vinto il Nobel e che quindi c’entra la letteratura con la canzone… Per cui non stupitevi se il Premio Letterario Caccuri sponsorizza uno che scrive canzoni…
Vorrei pubblicamente ringraziare il Premio Caccuri per il sostegno alla mia prossima produzione in arrivo in vicinanza delle vostre orecchie fra febbraio e marzo
Ettore Castagna – Eremìa – Alfamusic (Roma) – 2022
premio letterario scelto a livelli
09
May
2021

Ogni sabato mattina…

Ogni sabato mattina ho una breve pausa al lavoro verso le dieci. Faccio quattro passi nel quartiere e compro un pezzo di focaccia dal panettiere. No, due pezzi focaccia. Uno per me e uno per quell’amico all’angolo. L’amico che sta all’angolo del panettiere è un ragazzo africano che chiede l’elemosina fin dalle sette del mattino. Ci passo davanti ogni giorno a piedi, venendo da casa e lui è lì. Oramai ci conosciamo ma non ci salutiamo. È una specie di patto segreto. Non lo pretendo il saluto. Non pretendo l’ossequio del mendicante. E lui ci tiene al suo orgoglio di uomo. Sì, siamo d’accordo Alì, siamo d’accordo Mamadou, siamo d’accordo Abdel… Non lo so come ti chiami. Però il sabato mattina lui lo sa che quando esco dal panettiere compro due focacce e capisco che se lo aspetta. “Mi da due euro di focaccia, signora? Me la divide in due sacchetti?” Un euro per me e un euro per lui. Esco dalla panetteria, lo guardo e gli dico: “Tieni amico…” Lui tiene gli occhi a terra, si vergogna ma dice “grasi…” Prego amico, prego. La sua mano nera si gira e mostra il palmo bianco. Poi c’è il bianco del pane e il bianco della mia mano. “Grasi… amico…” Ed è così da settembre. Stamatina fuori la panetteria c’era uno nuovo, il giovane mendicante non si vedeva ma io ho chiesto due pezzi di focaccia lo stesso. Quando sono uscito però il nuovo ragazzo dell’angolo non c’era già più. Mi sono trovato solo con due focacce e nessuna voglia di mangiare, inutilmente, il doppio.

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11
Apr
2021

Proemio di un poema inesistente

Proemio di un poema inesistente
(con tenui rumori urbani in sottofondo)
Ettore Castagna: Testo, Voce, Kythara
Endecasillabi, settenari, quinari, rime del tutto casuali
Sarò sincero:
Non ce la posso fare.
Chi prenderà la croce dell’ascolto?
E chi della lettura?
L’autore ha il suo progetto nella mente.
Chi canta canta
e poi chi sente sente.
Ha la mia musa il muso
nel bel meriggio ombroso
Di un buon viaggio carnal
la bussola vorrebbe
e non intende.
Ha la mia musa il muso e più non sente.
Cantare, cantare, perché? Per cosa?
Non più si canta.
Non più, non più la rosa né la luna
il cammello impedito nella cruna.
Il gatto innamorato non attira
la critica, la logica infernale
di quella gran carretta digitale
che inghiotte il mondo e tutto il suo baccano
fino allo scuro.
Manco dopo il tramonto trovi pace,
il mondo è una metafora interdetta
che non trasporta più significato
ma se vorrai un gelato
pure alle tre di notte
lo scambierai per una monetina
astutamente messa
nel cuore di metallo e di cartone
d’un elettromeccanico Gerione.
Guardando bene ti scorgo nel branco
quando annebbiato e stanco, caro lettor,
cerchi d’allontanarti
verso gl’ippocastani
che fanno frutti amari da mangiare
lungo quel lungo viale.
Cosa rimpiangi?
La meraviglia e l’aureo cortile
d’un autorevole pensier senile?
O l’acume che non è mai abbastanza
delle sinapsi
in giovanil baldanza?
Il disperare certe volte annulla
e aiuta con l’oblio meglio del vino.
Il disperare è una forma suprema
d’ogni progetto ch’abbia una valenza.
Che uno pensa e pensa e pensa
ma poi hai dimenticato l’esca
e lancia dentro l’acqua nuda lenza.
Il bello del sognare
tramonta lungo l’argine. Si perde
quel sentir poco preciso
d’una canzon che passeggiando avverti.
Si mostra assai lontana e non capisci
nelle parole. Che nient’altro conta.
Contano le parole, contano ancor
contano sempre.
La vita assai ritarda,
l’amor non ci riguarda.
Non so tante canzoni e canto come
mi fece capace la mia gola forse.
Canto quel gran piacer ch’è nel racconto.
Canto mondi scomparsi, altri mai visti
nei sogni disprezzati degli artisti
dentro periferie del mondo sperso
nell’universo.
Versi occultati all’occhio digitale
nascosti nell’ascella al zappatore
avvolti dentro al fischio del vapore
oppur dentro del mirto, del lentisco
del giovin futuribile assertore
di nuove civiltà, di già passate
nella discarica dimenticate,
di quell’erba di cui non t’eri accorta
perché la nonna è morta.
E chi se lo ricorda più come si chiama?
Il fiore ti dicevo
e non la nonna.
Canto quasi contento della luce
fioca, fioca, sfuggente
con la soddisfazione, col sorriso
dell’ombra che trascorre.
Se la colomba osserva, non ci crede
che il nero passi e lesto si trasformi,
segni la pietra lungo il marciapiede
e poi si perda ancora.
Dove va l’ombra? Tu lo sai? E come?
Sotto la pietra nutre lo scorpione
e, oltre, inghiotte sempre casualmente
l’appunto caduto dalla tasca
perché hai dura cotenna
e insisti con gli appunti scritti a penna.
Eppure io vedo sole a sufficienza
Io vedo sole che genera l’ombra.
Il sole ha forza indomita se vuole.
Ancor non ho deciso le intenzioni.
Lanciarmi in un proemio,
è un’apertura dotta
ma pasta scotta e amido assai incerto
per il lettore esperto.
Faccio una cosa vecchia come fosse
quella più nuova al mondo.
Io dalla rima sciolgo ogni parola
e faccio come non avesse rima.
Un’opera garbata disegnare.
Un’opera garbata voglio fare.
Qualcosa che richieda
finzione e amor in equilibrio sghembo.
Ché l’equilibrio trovalo al mercato
dietro un codice a barre
Com’è nient’altro nella vita amare,
tanto bello cercare
in prosa, in rima,
a monte, a china
frivoli fatti e disperati e ameni,
tragedie seminate nella roccia.
E non c’è goccia
che le faccia trascendere in un seme
di quei semplici fiori,
che sono una fatica all’oggidì
pure agli insetti, di trovarli vivi.
Le angosce, le paure senza freni
e senza luminanza
a un cuor selvaggio sono come il muro.
Sarò sincero:
Non ce la posso fare.
Chi prenderà la croce dell’ascolto?
E chi della lettura?
L’autore ha il suo progetto nella mente.
Chi canta canta
e poi chi sente sente.
Ha la mia musa il muso
nel bel meriggio ombroso
Di un buon viaggio carnal
la bussola vorrebbe
e non intende.
Ha la mia musa il muso e più non sente.
Ettore Castagna © – 11 Aprile 2021
01
Feb
2021

Il Valore della Solitudine

Questa è una storia di molti anni fa che stasera mi torna in testa.
Una storia fatta di minime storie sul valore della solitudine.
Cosmas mi insegnò il valore della solitudine.
A me che credevo di saperlo e non sapevo nulla.
«Io sono un monaco… un monaco, capisci?… Lo sai il greco? Che vuol dire mónachos? Colui che è solo. E per stare da solo devi essere un fanatico e io sono un fanatico. Sono sempre stato un fanatico…»
Cosmas era un estremista di Dio e, grazie al suo estremismo, San Giovanni Theristis riemerse dalle macerie. Io come tanti me lo ricordo quel tempio come un cumulo di pietre e poi me lo ricordo ricostruito e con gli affreschi.
“La vostra bontà è come una nuvola del mattino, come la rugiada del mattino, che presto scompare (Osea 6:4)”
Era un pomeriggio dell’estate meravigliosa della ionica. Era bello sentir cantare nella nebbia candida dell’incenso. Poi sentir dire i salmi in italiano perché c’ero io.
«Mi piace questa traduzione Cosmas. Ne avete una copia al monastero? Vorrei comprarla…»
Non me l’hai fatto comprare, Cosmas. Hai preso quell’ultima copia con due o tre pagine scurite di gocce di cera piovuta da sotto qualche icona. Hai preso quell’ultima copia e senza smettere di cantare me l’hai messa in tasca.
Hai fatto un’enormità da solo. In anni e anni sei riuscito a convincere il mondo a riedificare un tempio bizantino per com’era. Lo hai fatto lavorando da monaco, col silenzio, con la preghiera continua ed esicastica come sul Monte Athos.
Lo hai fatto nell’ingratitudine dei politici, dei tuoi stessi confratelli ortodossi, di molti calabresi, italiani e greci.
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Hai fatto tutto da solo.
Eri quasi sempre solo quando ti venivo a trovare. Al massimo con Giancarlo. Ma non ti tiravi indietro.
«Non mi dire che ascolti Alice Cooper!»
«No, Cosmas… Ti sembro uno che potrebbe sentire Alice Cooper?»
«Meno male, non gradisco quelli che sentono Alice Cooper»
«Vuoi sapere quello che sento io? Non te lo so dire… sento un po’ di tutto…»
Sapevi che mi piace la filosofia e mi mostravi col dito il mistero di Platone che era un pagano ma compariva su un’ icona cristiana appesa in fondo alla chiesa.
La mia assoluta allergia alla religione Cosmas la accettava, gli bastava il mio interesse per la spiritualità.
La spiritualità e le sue mani nelle mani dietro la schiena, i suoi occhi a terra, il suo passeggiare lento verso qualche ulivo attorno al monastero.
Da solo, poi, hai affrontato l’umiliazione, l’esclusione da San Giovanni, quella stessa ingratitudine, quell’invidia insanabile verso la forza morale indistruttibile della tua solitudine.
La solitudine del monaco.
Hai fatto anche la morte sola del monaco, sul Monte Athos. Nella lontananza, escluso a forza da tutto ciò per cui avevi lottato.
Poche settimane prima che ti rispedissero in Grecia mi convincesti a fare una conferenza sulla lira nella cultura bizantina esattamente davanti all’iconostasi.
Ascoltavi, andavi e venivi. Alla fine ti chiesi perché.
«Perché me l’hai fatto fare?»
«Perché pure tu sei un fanatico a modo tuo».
Sì ma incapace della grandezza della tua solitudine
“Si spanda il mio insegnamento come la pioggia, stilli la mia parola come la rugiada, come la pioggerella sopra la verdura e come un acquazzone sopra l’erba” (Deuteronomio 32:2)
25
Jan
2021

E scusate la precisazione…

Cari Amici che oggi scoprite che esistono canzonette di ‘ndrangheta in Calabria perché qualche giornalista si è svegliato tardi,
scusatemi il passaggio “immodesto” ma vi faccio presente che sono stato il primo ad occuparsene in modo organico e non episodico con un tentativo di riflessione etnografica nel 1984 e poi nel 1986 con la mia tesi di laurea. Aggiungo poi che dal 1986 il compianto Roberto Leydi mise a disposizione il suo archivio e diede indicazioni a me e Pasquale Greco per una ricerca e classificazione di quello che esisteva fino a quel momento in vista di una pubblicazione che , purtroppo, non vide mai la luce. Negli anni successivi ciclicamente qualche giornalista ha “scoperto” il problema. Successivamente, negli ultimi decenni in ambito scientifico qualcuno ha cercato di referenziarsi come studioso del fenomeno ma lascio la valutazione ai posteri. Se poi salterà fuori qualche altro studio organico antecedente al mio mi farà piacere ma continuo a fare presente che la ricerca preliminare inizió nel 1981. Passati vari anni, il mio lavoro è continuato e dopo vari articoli finalmente nel 2010 ho pubblicato “Sangue e onore in digitale” sull’immagine contemporanea della ‘ndrangheta anche in altri ambiti oltre quello musicale.142719136_10224551934095501_8298501428890531270_o
Fra un’indignazione e l’altra, magari andatevelo a leggere. Oltre il parterre etnografico, qualche riflessione onesta dentro la troverete…
Di tutto questo volume, che ha oramai dieci anni, forse il solo capitolo sul cinema andrebbe oramai aggiornato ma il resto ha ancora qualcosa da dire.
PS Ad onor del vero Sharo Gambino del 1975 scrisse un capitolo sul tema in “Mafia, la lunga notte della Calabria” ma io mi riferisco a ricerche strutturate. Sono due cose che considero diverse.