Nino… now is in the Cosmic Ear

Nino

Antonino Mazza è stata una delle più brillanti voci della letteratura canadese contemporanea. Proprio lui che era calabrese, di San Roberto d’Aspromonte. Oggi che scompare di scena non trovo modo migliore per onorare la sua memoria che ripubblicare una mia vecchia traduzione di una delle sue liriche più amate. Addio Nino, carissimo e gentile amico …

(Immagine: Antonino Mazza, Ottawa, 1990. Particolare da foto di Salvatore Piermarini)

 

La nostra casa in un orecchio cosmico – Antonino Mazza
traduzione di Ettore Castagna

In un orecchio cosmico di cime affilate e di declivî
dove ginestra e ciclamino in fiore
sono fianco a fianco con gli alberi di limone
vi è la casa dove sono nato.
Questa casa… guardala con gli occhi
di un bambino.
Un villaggio di campane affollato nella strada di velluto,
senza marciapiede. Domenica mattina, senza lunedì.
Com’è? Io stavo correndo a casa, v’erano ciliegie
mia madre aveva il canto di un’usignuolo
fra le labbra?
E nel pomeriggio? Siesta!

Il sole
era un magnete al vertice di un pianeta trasparente
E la nuvola? Il fiato ardente del Sahara fece turbinare
una sola nuvola, sopra il mare,
sopra la Sicilia,
fino a che, avvicinandosi al duro Aspromonte, fragile d’umidità,
essa si trovò… pronta a squarciarsi.
Ed esplose!
raggiungendo, violentemente, attraverso le stoppie testarde,
la terra.

Dopo il primo scroscio sui tetti di tegole indurite,
i torrenti sinuosi come serpenti d’argilla,
mutavano il loro corso, fuori dalle foreste di betulle,
giù per i ripidi pendii vulcanici,
lentamente,
come per ammirare la grazia del panorama austero: le erbe di vento (1)
gialle e rosa risplendenti sulle balze viola
e sulle steppe
la bianca coperta dei fiori d’arancio.
Prima della fine della pioggia mi sarei ritirato
nell’orecchio di mia madre, in silenzio.

Per quattro anni sognai il ritorno di mio padre.
Era un sogno di bimbo.
Era a bordo di una barchetta di porpora, ritornava
alla nostra bella Calabria.
Terra dei Fenici e degli Etruschi, bagnata
dal mare di Ulisse.
Per quattro anni lo attesi su una spiaggia petrosa.
Da dove potevo vedere i mandorli mescolarsi con le piante
d’ulivo
sulle colline,
e la casa ove sono nato.
Era andato a portare doni al mondo.
Sarebbe tornato, presto.

Mi sarei svegliato alla melodia degli usignoli.

Ed il sogno? E’ sera, ma non è buio. Le campane muoiono
nella strada dal blu profondo. Il cielo è un paradiso
di lucciole. Gli aromi dei lillà, dei limoni,
diluviano il tepore e la brezza. Il mare è uno specchio
di stelle purpuree. Stiamo cenando in terrazzo stanotte,
nell’aria di cristallo la luna è luce splendente.
Mantengo il ricordo di questo regalo cosmico
nel mio sonno.
Se il sogno non si fermasse, se la parola
se la casa
fosse nella parola e noi, per caso, dovessimo incontrarci,
la mia casa sarebbe la tua casa, prendila.

1) Erba di vento è un’espressione mutuata dal dialetto. Erba ‘e ventu  sta ad indicare un’erba selvatica e dalla  crescita casuale. Affidata al vento, appunto.