La Calabria e le zone rosse

Anche in questo caso riporto “antologicamente”  sul blog un post che ha  circolato gloriosamente su Facebook.  Era il 22 ottobre e la Calabria affrontava con malcontento la sua prima zona rossa per il Covid.
123925230_177109117405880_267505595158596061_o
Avete mai provato ad avere il cancro in Calabria?
Avete mai provato a cercare per vostro figlio una scuola media in un paese di montagna della Calabria?
Avete mai aspettato un autobus urbano in Calabria?
Avete mai cercato una biblioteca in Calabria? E una libreria?
Avete mai visto una strada calabrese senza crateri lunari?
Avete mai visto un comune calabrese con tutto il personale veramente al lavoro?
Avete mai trovato un pronto soccorso come quello di ***** dove dite ho un sospetto di infarto e vi ridono in faccia perché non ci credono?
Siccome, sicuramente, nulla di tutto ciò vi è mai capitato in Calabria capisco quanto vi sia davvero incomprensibile la sfiducia del governo rispetto alla possibile risposta sanitaria, organizzativa, politica della Calabria all’epidemia e percepite tutto ciò come una grave ingiustizia.
Se forse qualcuno fosse andato a ribaltare politici ed amministrazioni chiedendo una vita di giustizia, oggi non ci troveremmo una zona rossa fondata sulla sfiducia.
Le uniche zone rosse della Calabria sono quelle delle lotte per la terra di San Giovanni in Fiore, Casignana, Melissa, di tutto il Marchesato, di tutti i cafoni degli anni ’40. Poi dei ragazzi della jonica degli anni ’70. Lotte per la terra e per la dignità che vennero sconfitte, mortificate. Poi dimenticate.
Arrivò la civiltà della clientela e del favore, do cumparato e do posticeddu.
Tutte quelle zone rosse ve le siete dimenticate o forse, chi c’era, le vedeva pure come un pericolo, e l’unica protesta è rimasta l’emigrazione.
Iniziamo a protestare contro la Storia e come la Storia è andata.
Vedremo, poi, se vale la pena o no protestare contro la zona rossa (del Covid)
(Facebook, 5 novembre 2020)