Il bambino coi baffi e il Covid19

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Lo pensi continuamente.
Nel 1920 mia nonna Maria si prese la spagnola e guarì. Dopo cent’anni, un altro nemico piccolo si ripresenta alla porta e ci acconza a tutti.
Mo’ questo mi passa ai polmoni e mi ammazza.
Lo pensi più volte al giorno.
Da un minimo di tre e un massimo di diciassette. Perché quello è il numero sfortunato.
Èptakaidekafobìa.
La paura del numero diciassette. Allora, per evitare, passi al numero primo superiore.
Tuttappostu.
Lo pensi massimo diciannove volte al giorno. Lo moltiplichi per ogni colpo di tosse.
Nonna, nonna, nonna. Raccontami la storia del bambino coi baffi. Il bambino coi baffi ha i baffi e gli occhi di brace accesa e passa col carro da buoi sotto casa nostra nel cuore della notte. Se ti vede affacciato, ti tira sul suo carro che lui è compare con la morte. Meglio farsi trovare con porte e finestre sbarrate.
Mammà… oh, mammà… basta con queste storie di spirdi al bambino! Mora do scantu! Non lo vuoi accettare che siamo al 1965? Ancora con queste storie brutte?
Sorride la nonna. Sorride. Ma pure a me mi viene a prendere nel letto il bambino coi baffi, nonna? No, non arriva qui che ci sono io e lo caccio fuori. Dormi ora, Occhibelli.
Io dico che è solo un’influenza, no dottò? Tu che dici?
Non si può sapere. Sembra lo stesso. Tutto lo stesso di un’influenza fino a quando non si incazza e non ti passa ai polmoni.
Tanto muoiono solo i vecchi, no dottò?
Come se tu fossi giovane, ah ah. Di questo modo funziona. Prima gira un poco nei tessuti. Sale e scende.
Ppe cca e ppe dda.
Prima ti macina le ossa, prima ti cuoce le viscere a diarrea, prima ti causa la nausea e ti causa mal’e capu…
Prima.
Certe volte succede che sparisce dopo tre giorni.
Certe volte succede che sparisce dopo una settimana.
Certe volte succede che sparisce dopo quattordici giorni.
E tu sei carne salvata. La lotteria ha trovato la remissione. Tu sei nel 97% dei salvati.
Oppure no.
Oppure questo mi passa nei polmoni e mi ammazza e tu diventi nel 3% degli squagliati.
E diventi carne salata.
Come quel medico cinese bravo che l’ha scoperto…
Come quel medico bergamasco bravo…
Come si chiamano?
Come si chiamavano?
Dov’è il termometro?
37.5… 38.3… No, dai, non è una febbre eccessiva. Lui se ne resta nei tessuti giusti per quattordici giorni e te lo senti mordere nelle ossa, poi te lo senti rigare gli intestini.
Ma è come un’influenza… Come fai a distinguerlo?
Non ne fate tamponi, dottò?
Non ne facciamo perché non ce n’è abbastanza. Se proprio ti decidi che sei grave, non respiri e te ne vai al pronto soccorso, allora finalmente te lo fanno il tampone e si scopre se sei appestato e se sei “normomalato”.
Il “normomalato” ha solo un’influenza normale e se la tiene addosso felice questa carie delle ossa, questa carta vetrata nel colon, questa mazzata di ferro nei lobi frontali. Sei gioioso se la tua è un’influenza normale.
Ma perché non si può distinguere, vero dottò?
Perché no, fino a un certo punto sono uguali. Fino a quando non ti passa nei polmoni e ti ammazza.
E io, invece, lo distinguo dottò.
Io me lo sento che le cose stanno diverse questa volta.
Il piccolo nemico che mi passeggia dentro, io lo distinguo. Non è lo stesso male alle ossa, non è lo stesso male delle budella, non è lo stesso male agli occhi di quella o di quell’altra influenza
Il bambino coi baffi ha i baffi. Dopo, ha gli occhi di brace accesa e passa col carro da buoi sotto casa nostra nel cuore della notte. Ma… mi viene a prendere nel letto il bambino coi baffi, nonna?
No, non arriva qui che ci sono io e lo caccio fuori. Dormi ora, Occhibelli.
Dormi che oramai siamo a Catanzaro ed è già il 1965.

Foto. “Alcuni rimedi contro il virus” di Chiara Mastroianni ©